L. PLanzi: Luigi Sturzo e il Cantone Ticino

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Titel
Luigi Sturzo e il Cantone Ticino. La terra che gli diede voce sfidando il fascismo (1929–1947)


Autor(en)
Planzi, Lorenzo
Erschienen
Locarno 2011: Armando Dadò Editore
Anzahl Seiten
417 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Ilaria Macconi Heckner

Con il suo bel libro Lorenzo Planzi non solo ci aiuta ad approfondire il pensiero democratico e l’impegno antifascista del fondatore del Partito Popolare Italiano, don Luigi Sturzo. Ci offre anche un quadro inedito del Ticino degli anni Trenta e primi anni Quaranta, analizzando nei dettagli – finora poco conosciuti – i contatti che il prete siciliano intrattenne per oltre un decennio con alcuni giornalisti e sacerdoti ticinesi avversi al regime mussoliniano.

Lo studio si compone essenzialmente di tre parti e di una ricca appendice. Nella prima parte Lorenzo Planzi ripercorre brevemente il percorso biografico di Luigi Sturzo, fornendoci anche delle linee di interpretazione della difficile situazione mondiale e della società ticinese degli anni 1930–40. Una società oscillante tra la condanna del regime fascista, da un lato, e la paura di compromettere le buone relazioni economiche e diplomatiche con il vicino d’oltralpe, dall’altro. Una politica che rispecchia quella ufficiale portata avanti da Berna e in particolare dal consigliere federale Giuseppe Motta. Diversificate appaiono anche le reazioni del mondo cattolico ticinese e della sua stampa di fronte al fascismo. Alla posizione spesso «indulgente» del Giornale del Popolo, si contrappone quella decisamente contraria del quotidiano del partito conservatore Popolo e Libertà. In una seconda parte, grazie all’analisi di un ricco fondo epistolare e di documenti provenienti da vari archivi, l’autore approfondisce i rapporti tra Luigi Sturzo ed alcuni esponenti del mondo cattolico ticinese. E’ soprattutto fra i sacerdoti, che il prete di Caltagirone trova in Ticino i più importanti sostenitori del suo pensiero e della sua opera. Il primo contatto espistolare documentato (dal 1933), don Sturzo lo intrattiene infatti con don Giuseppe Daldini, parroco di Frasco in Val Verzasca. Questi fungerà da importante canale di comunicazione clandestino tra il prete siciliano e i popolari rimasti in Italia, facendo anche da tramite con il quotidiano conservatore Popolo e Libertà. Il suo direttore, don Francesco Alberti, si rivelerà per il sacerdote di Caltagirone un amico sincero e un importante alleato nella lotta antifascista. Più di una volta, infatti, egli dovrà difendere la pubblicazione degli articoli di Sturzo e la libertà di espressione del suo giornale da attacchi provenienti non solo dal mondo politico (svizzero e italiano), ma anche da ambienti clericali benevoli verso il regime di Mussolini. Alla morte di don Alberti (1939), è ancora un prete, l’esule valtellinese Giovanni Gatti, che propone a Sturzo di farsi da intermediario con la nuova redazione del giornale conservatore. A causa dell’inasprirsi della situazione internazionale e della linea redazionale «più prudente» portata avanti dall’avvocato Giovanni Regazzoni, la pubblicazione dei contributi sturziani si fà sempre più difficile, pur continuando fino al 1940. Tra il 1939 e il 1940 Luigi Sturzo collabora anche con Il Lavoro, l’organo dell’Organizzazione Cristiano Sociale ticinese. Con il suo direttore – nonché segretario del sindacato cattolico – don Luigi del Pietro, lo accomuna l’impegno a favore degli interessi delle classi lavoratrici. L’aggravarsi delle vicende belliche spinge don Sturzo nel 1941 a lasciare Londra per gli Stati Uniti. La data segna anche una prima interruzione delle relazioni con il Ticino. Queste saranno riprese con l’avvicinarsi della fine della guerra e la breve ma intensa collaborazione (tra febbraio e maggio 1945) con il foglio Libertà, curato dai fuoriusciti cattolici italiani. Nel 1947, il vescovo di Lugano Mons. Angelo Jelmini invita don Sturzo a tenere una conferenza all’annuale «Giornata della Carità». Il sacerdote siciliano, ormai vecchio e malato, rifiuta e si interrompono così anche i rapporti documentati con la Svizzera italiana.

In una terza parte del libro Planzi analizza e pone in una prospettiva storica il contenuto degli articoli pubblicati da Sturzo (tra il 1933 e il 1945) sulla stampa ticinese, mettendone bene in evidenza anche la matrice ideologica, ovvero i principi democratici cristiani che li ispirano. Tali articoli ci permettono – afferma l’autore – di capire come Luigi Sturzo «osserva ed interpreta il mondo che gli sta attorno», fornendo anche suggerimenti per l’agire futuro. Ne emerge la profonda condanna per ogni forma di totalitarismo (dal fascimo al comunismo), in quanto negazione dei diritti dell’individuo e della sua libertà in nome del bene superiore dello Stato. Anche l’educazione militarizzata impartita ai giovani è profondamente criticata da Sturzo, poiché in netta antitesi con i principi cristiani e con quelli della pace. La guerra d’Etiopia e la guerra civile spagnola, ma anche il secondo conflitto mondiale, sono considerate mosse essenzialmente da ideali totalitari e per questo contrarie ai veri bisogni dell’uomo. L’unica speranza per la società futura è la nascita di un nuovo ordine europeo che si basi su una pace duratura e sull’insegnamento di Gesù. Per il sacerdote siciliano, difatti, una fede profonda e sentita, orientata sul piano pratico dalla dottrina sociale della chiesa, non può che portare i cattolici ad impegnarsi attivamente in ogni settore della società e nella costruzione della democrazia. La Svizzera, poi, per la sua democrazia diretta e il rispetto delle minoranze, viene additata come modello da seguire.

Quali sono i reciproci vantaggi – e le conseguenze – del rapporto tra don Luigi Sturzo e il Cantone Ticino? A queste domande l’autore dà una risposta esaustiva nel capitolo conclusivo. Attraverso le pubblicazioni sturziane, alla società ticinese è data la possibilità di guardare in modo critico agli avvenimenti travagliati di quegli anni ed allo stesso tempo di profittare di una guida chiara nella lotta a favore della democrazia. A Sturzo, esiliato (fin dal 1924) prima a Londra e poi negli USA, impossibilitato ad ogni forma di contatto con il suo paese e con gli altri antifascisti, la stampa ticinese offre una piattaforma ideale per far ascoltare la sua voce in italiano. In Ticino il battagliero prete siciliano trova, oltre ad un importante sostegno finanziario, dei sinceri estimatori con i quali condividere la battaglia per il trionfo dei principi di libertà e di carità cristiana in un mondo sconvolto dalle ideologie totalitarie.

Nonostante la lettura dell’opera del Planzi sia decisamente appassionante, non ci si può non domandare se dal punto di vista della ricerca storica fosse veramente necessario un’altro studio sulla figura di don Luigi Sturzo. La risposta è decisamente sì. Non solo per la quantità e la qualità delle fonti che vengono interpretate. Basti pensare, per esempio, ai fondi epistolari dell’Istituto Sturzo di Roma e a quelli – che spesso necessitano una paziente e attenta indagine incrociata – dell’Archivio Storico della diocesi di Lugano o dell’Archivio delli OCST. L’opera in questione possiede un indiscutibile valore storico anche per l’acume e la sensibilità con cui l’autore analizza le linee fondamentali del pensiero di Luigi Sturzo, interrogandosi sull’impatto che ha sulla società – svizzera e ticinese – di allora. Grazie alla ricerca di Planzi, viene inoltre fatta luce sull’importante impegno democratico e antifascista di alcuni esponenti cattolici ticinesi, fino ad ora non sufficientemente studiato. Infine la pubblicazione integrale dei contributi giornalistici di Sturzo apparsi sulla stampa ticinese, oltre a rappresentare un notevole sforzo di registrazione, ci offre anche la possibilità di avere una visione d’insieme e sul lungo periodo delle appassionate e acute osservazioni del coraggioso prete siciliano sulla situazione mondiale nel periodo tra le due guerre.

Zitierweise:
Ilaria Macconi Heckner: Rezension zu: Lorenzo Planzi, Luigi Sturzo e il Cantone Ticino. La terra che gli diede voce sfidando il fascismo (1929–1947), Locarno, Armando Dadò Editore, 2011. Zuerst erschienen in: Schweizerische Zeitschrift für Religions- und Kulturgeschichte, Vol. 105, 2011, S. 554-556.

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